“Maestra cos’hai?” – Cod. n° 6/2018/48

“Maestra cos’hai?” – Cod. n° 6/2018/48

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Case History n° 6/2018/48

 

Caso esposto, nella tesi dal titolo “I Fiori di Bach come sostegno ai disagi nel mondo del lavoro”,  da Cristina Covelli, laureata in Scienze e Tecniche psicologiche e BFRP (Bach Foundation Registered Practitioner), consulente in Fiori di Bach secondo il metodo originale del dottor Bach e iscritta al Registro Internazionale della Bach Foundation.

“F. è insegnante di scuola elementare da più di trent’anni con un’immensa passione e dedizione per il proprio lavoro e un amore profondo per i suoi piccoli alunni. Per ognuno di essi ha sempre avuto attenzioni, affetto, consigli e disponibilità. E’ una donna di bella presenza, curata ed elegante nella sua semplicità e comodità, per muoversi al meglio nel suo lavoro. Purtroppo, negli ultimi anni, una serie di circostanze (che vanno da perdite e distacchi in famiglia ad una riduzione dell’orario scolastico da parte del Ministero che, a suo dire, non le consentono più di curare alcuni aspetti delle sue lezioni come vorrebbe) l’hanno profondamente avvilita e si rivolge a me perché si rende conto che ciò comincia a ripercuotersi sia nella sua vita privata che in quella professionale. Comincia col dire di sentirsi stanchissima, senza più forze e senza entusiasmo. Alla mattina, il suono della sveglia che fino a qualche anno fa la faceva scattare come una molla al pensiero che i suoi bambini la stavano aspettando, adesso è diventato un suono fastidioso ed infernale. Mentre una volta usciva da casa piena di libri, colori, cartoncini e idee da mettere in pratica, adesso pensa soltanto “oh no, ancora un’altra lunga giornata”. La assale un senso di nausea e di oppressione al petto, le si annebbia la vista e sente il cuore batterle forte come se, lo dice lei stessa, “stesse vivendo un attacco di panico nell’andare a scuola”. Fortunatamente, quasi sempre, respirando profondamente e aspettando qualche minuto, riesce a recuperare e ad andare al lavoro. Ovviamente, fa un grande sforzo per cercare di non far trapelare nulla in classe e per stamparsi un bel sorriso sulla faccia, tentando di mettere in atto quello che è stato definito “Surface Acting”. A volte, però, sente i bambini che, cogliendola un attimo con lo sguardo nel vuoto, le chiedono “Maestra cos’hai? Stai male?”. In quei momenti dice di sentirsi morire e, anche in consulenza, mentre lo racconta, le lacrime le salgono ali occhi. Quando le chiedo come mai questo pensiero le ha provocato un’emozione così grande, lei, dopo essersi presa qualche momento per ricomporsi un po’ e riflettere, risponde che adora i suoi bambini e si sente terribilmente in colpa per questi momenti in cui cerca quasi di tenerli a distanza. Sa che nel suo lavoro dovrebbe fare esattamente l’opposto e, quindi, si critica e si rimprovera perché “non è più quella maestra dalle braccia aperte ed accoglienti dove i suoi alunni potevano trovare rifugio”.

Nella mia testa di consulente, che con attenzione ed empatia ascolta quanto viene riferito, vengono finora alla mente Hornbeam (per la stanchezza mattutina e la mancanza di entusiasmo per affrontare la nuova giornata), Rock Rose (per gli attacchi di panico mattutini), Agrimony (per lo sforzo di sorridere per coprire il tormento interiore che la affligge) e Pine (per il senso di colpa e di autocritica). L’ora della prima consulenza, che prevede anche una breve spiegazione iniziale del metodo originale del Dottor Bach (nel caso la persona non lo conosca), il consiglio, laddove necessario, di essere seguiti da un medico e la disponibilità a rispondere ad eventuali domande, volge al termine. Così, le spiego i Rimedi considerati, in modo da coinvolgerla nel suo processo di guarigione e di aspettativa dei risultati, e la congedo consigliandole di prendere, dalla boccetta della miscela personalizzata da 30 ml., almeno quattro gocce per quattro volte al giorno ma le suggerisco, in realtà, di prendere i Fiori ogni volta che ne sente “il richiamo”, la voglia, il desiderio. Presa con l’assunzione standard di quattro gocce quattro volte al giorno, la boccetta da 30 ml. in genere dura più o meno tre settimane ma, dopo quindici giorni, F. mi telefona che ha finito la boccetta perché le veniva voglia di prendere i rimedi piuttosto spesso e quindi si riprende un appuntamento. Alla seconda consulenza, mi dice di non essersi accorta di cambiamenti significativi ma una frase di una collega, un semplice “Come stai F.? Ti vedo bene!” le ha fatto pensare che forse, al di fuori, appariva più serena. Le chiedo, riprendendo alcuni aspetti della volta precedente, come sono stati i risvegli di questi giorni. Mi risponde che non ci aveva fatto molta attenzione (già positivo, penso) ma che, a ripensarci, non ricorda di aver avuto particolari difficoltà. Di certo, “ma ancora non canta vittoria, visto che sono passati solo quindici giorni”, non ha mai avuto gli attacchi di panico (che prima, però, diceva che le accadevano anche più volte a settimana). Piuttosto, si è sentita più triste alla sera e anche più irascibile. Dando la colpa alla stanchezza, riferisce di avere scatti nervosi verso il marito e, a volte, di mettersi a urlare o a piangere improvvisamente senza riuscire a controllarsi. Fa molta fatica ad addormentarsi (nonostante la stanchezza che sostiene di sentire), perché la sua testa è piena di pensieri, di sensi colpa e di paura di non riuscire più a fare il suo lavoro. Tanto che spesso pensa di licenziarsi e mollare tutto. Considero di provare a toglierle Rock Rose, visto che non si sono presentati attacchi di panico, e di lasciarle Hornbeam (per sostenerla nella ricerca di nuova motivazione ed entusiasmo), Agrimony (per aiutarla a gestire il suo tormento interiore che non può manifestare) e Pine (per i sensi di colpa e di autocritica che alla sera ancora la colgono). Considero poi di aggiungerle Cherry Plum (per le urla e i pianti incontrollati serali e anche verso il marito), White Chestnut (per dare un po’ di pace ai pensieri insistenti che non le fanno prendere sonno), Mimulus (per la paura di non essere più una brava maestra) e Gorse (per la disperazione e la voglia di licenziarsi e gettare la spugna). Discuto e motivo i rimedi con F. e, avuta anche la sua “approvazione”, che indica partecipazione e presa di coscienza, la congedo. Dopo una settimana, F. mi chiama solo per dirmi che prende con regolarità i Fiori, anche più delle quattro volte al giorno, che ancora non le è arrivato nessun attacco di panico da quando ha cominciato ad assumerli e che, alla sera, riesce ad addormentarsi con maggior facilità risvegliandosi al mattino successivo. Dopo altre due settimane e mezzo, mi richiama per fissare un altro appuntamento. Arriva con un bel sorriso e con un’andatura e un portamento molto più “eretti” delle volte precedenti. Comincia subito a raccontarmi, anche con una voce piuttosto entusiasta, che, in particolare in questa ultima settimana, forse anche complice l’arrivo della primavera, si sveglia più di buonumore perché deve “correre” a scuola dove stanno preparando la recita di fine anno e, in particolare per le classi quinte, stanno preparando un “capolavoro”. Si sofferma a descrivermi il suo impegno nel realizzare, con l’aiuto dei bambini, costumi e scenografie. Si accorge, e le viene anche detto, di essere più calma e sorridente sia in famiglia che in classe e la notte riposa molto meglio. Capisco dal suo racconto, che il pensiero di abbandonare il suo lavoro non la sfiora più. Non le propongo altri Fiori. Al momento le consiglio di tenere sempre con sé il Rescue Remedy (Rimedio di Emergenza) e di prenderlo nei momenti in cui eventualmente, le dovesse capitare qualche difficoltà. Naturalmente le dico di chiamarmi nel caso dovesse accorgersi di sentirsi nuovamente in un momento difficile per fare una chiacchierata assieme.”

 

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