Il Practitioner. La sua personalità – seconda parte

Perché siamo spontaneamente attratti da alcune tipologie di persone?

I meccanismi di attrazione sono contemporaneamente regolati sia dal principio di somiglianza che da quello di complementarietà. Ci attrae ciò che nell’altro riconosciamo simile (quando si tratta di qualità che già apprezziamo in noi) come anche ciò di cui ci reputiamo carenti.

Ricordandoci che se un cliente ci ha scelto, e soprattutto torna da noi, è attratto probabilmente anche dalla nostra personalità, proseguiamo la rassegna attraverso altre tipologie di Practitioner. Ancora una volta, metteremo in evidenza pregi, difetti, rischi quando non sono in equilibrio, e la lezione che ciascuno di essi è chiamato ad imparare, o migliorare.

Il Practitioner Centaury

E’ forse il practitioner caratterialmente più orientato all’aiuto. Il più empatico di tutti, sente con estrema facilità le emozioni dell’altro, capendone i bisogni con naturalezza. La vicinanza emotiva e l’accoglienza che è in grado di stabilire sono di per sé già di gran sostegno. Rischia di essere emotivamente troppo coinvolto dal cliente, ed eccessivamente disponibile finendo per sentirsi prosciugato nelle energie, persino sfruttato.

Deve imparare a stabilire i propri confini personali e professionali e ad evitare quindi che il cliente, anche involontariamente, si possa approfittare della sua generosità.

Il Practitioner Mimulus

I suoi modi miti e gentili, l’opposto dell’invadenza e della durezza, possono in fondo risultare gradevoli a molti. Potrebbe essere particolarmente impacciato ed ansioso nel primo incontro e mettersi a proprio agio (contribuendo all’agio del cliente) nei successivi. Per il timore di causare danni al cliente potrebbe essere eccessivamente prudente ed esitante nella scelta dei rimedi.

Deve ricordare che il cliente non rappresenta una minaccia ma è una persona in difficoltà a cui egli può essere d’aiuto. Anche che il metodo dei Fiori è sicuro e non c’è il rischio di nuocere.

Il Practitioner Larch

Non si sente mai del tutto capace di condurre consulenze e di saper scegliere i rimedi più adatti al cliente. Se da un lato questa sensazione d’inadeguatezza rischia di frenarlo nel proporsi e può trasmettere insicurezza, dall’altro può agire come sprone a studiare ed approfondire, per migliorare sempre la sua preparazione, e ad impegnarsi ogni volta al massimo.

Deve imparare ad avere fiducia nella propria preparazione e capacità, sicuramente consistenti. L’esperienza acquisita gli darà via, via le conferme di cui ha bisogno. Deve ricordare sempre il motto “solo chi non lavora (e quindi non utilizza il metodo) non sbaglia mai”.

Il Practitioner Gentian

Questo Practitioner resta sempre con i piedi ben ancorati a terra, non rischiando così di illudere il cliente con aspettative eccessive o irrealistiche. Tuttavia ha un handicap piuttosto invalidante che si chiama scetticismo. Non crede mai fino in fondo all’efficacia del metodo e dei rimedi, dubita dei progressi del cliente e delle risorse che potrà attivare. Basta poco per farlo vacillare e per rimettere in discussione i rimedi floreali e la validità del proprio operato. Un atteggiamento simile è un forte deterrente sia per il proprio lavoro sia per il cliente, che non riesce a sostenere con fiducia.

Deve imparare a riconoscere e valorizzare ogni risultato positivo, senza invalidarlo ad ogni difficoltà.

 

Il Practitioner Scleranthus

Caratterialmente indeciso e combattuto in ogni genere di scelta, la difficoltà si ripresenterà di frequente anche nella selezione dei rimedi da proporre. Tuttavia, ha la capacità di considerare ogni questione portata dal cliente sotto molteplici punti di vista. Potrebbe finire per allungare troppo il tempo della consulenza, continuando a far domande e a rimuginare se sia più adatto questo o quel rimedio, rendendola faticosa sia per se stesso che per il cliente. In molti casi, il dilemma sulla scelta continuerà ad impegnarlo anche dopo la prescrizione dei rimedi.

Deve ricordare che spesso non esiste la “miscela perfetta” di rimedi e che probabilmente, se è così combattuto fra un paio di rimedi, entrambi potrebbero essere utili, perciò qualunque sia la sua decisione finale, porterà dei benefici al cliente.

Il Practitioner Cerato

Con l’aria ingenua che solitamente lo caratterizza, di certo non mette in soggezione. Le molte domande che farà per ottenere indicazioni utili rischiano di confonderlo, e potrebbero minare la fiducia in sé stesso, ma possono diventare al tempo stesso un’interessante opportunità di riflessioni per il cliente.

Deve imparare a fidarsi maggiormente di tutto ciò che conosce dei rimedi, della propria esperienza ed intuizione.

Il Practitioner Pine

Fin troppo coscienzioso e disposto a mettersi in discussione, tende a colpevolizzarsi e a rimproverarsi con facilità, dicendosi di non aver fatto abbastanza se il cliente non risolve le sue problematiche o quando decide di interrompere il trattamento con i rimedi. Così facendo, questo Practitioner è seriamente a rischio sofferenza.

Deve imparare a distinguere cosa effettivamente rientri tra le proprie responsabilità e cosa no. Inoltre, per mantenersi equilibrato e lavorare con serenità, è importante che prenda coscienza della propria assurda pretesa di onnipotenza e del successivo atteggiamento punitivo nel vederla disattesa.

Il Practitioner Agrimony

Sensibile e affabile, riesce a creare con naturalezza un’atmosfera piacevole e leggera che mette a proprio agio il cliente. La sua difficoltà nell’andare al nocciolo delle questioni dolorose può portarlo ad atteggiamenti elusivi. Come risultato potrebbe soffermarsi su aspetti tutto sommato superficiali e poco significativi, come anche non essere in grado di offrire al cliente il necessario sostegno emotivo.

Deve imparare a riconoscere subito quando cerca di evitare le proprie situazioni difficili e proprio lì, starsi accanto con compassione e premura. Familiarizzando con le proprie, riuscirà, con facilità, a fare altrettanto con le difficoltà e la sofferenza del cliente.

Il Practitioner Clematis

Sempre un po’distaccato dalla realtà, questo practitioner potrebbe avvolgere il cliente in un atmosfera sognante, permettendogli di allontanarsi da una realtà momentaneamente difficile e d’immaginare cambiamenti irrealistici. Distante dalla visione oggettiva di cose e persone rischia di non riuscire a mettere a fuoco con lucidità le tematiche del cliente e di conseguenza i rimedi utili.

Deve imparare a vedere ed apprezzare il cliente nella sua umanità e con i suoi bisogni, senza idealizzazioni fuorvianti. Deve imparare a stare al passo con l’evoluzione del cliente evitando di proiettarsi troppo in avanti.

Cristina Irrera BFRP

 

Foto di Jonas Wilson da Unsplash

 

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