I giochi di ruolo
Uno dei momenti importanti della formazione per diventare Practitioner è quello dedicato al triangolo di Karpman, un analista transazionale secondo il quale tutte le relazioni disfunzionali possono essere descritte da uno schema che chiamò il triangolo drammatico. Nel triangolo drammatico si finisce sempre per interpretare alternativamente tre ruoli: il carnefice, la vittima ed il salvatore. Solitamente il “gioco”del triangolo s’impara molto presto e bene, in modo del tutto inconsapevole, in seno alla famiglia. Diventa il modo per gestire tensioni e conflittualità (che animano purtroppo la stragrande maggioranza dei nuclei famigliari) e si finisce poi per attuarlo, senza rendersene conto, in ogni genere di relazione. Quella tra il Practitioner ed il suo cliente non fa eccezione. La prima arma per disinnescare la trappola è la consapevolezza di ciò che sta avvenendo nella relazione non appena si avvertano delle difficoltà e tensioni più o meno sotterranee. Sta al Practitioner, (che conduce la relazione) indagare se non sia accidentalmente scivolato in una delle posizioni del triangolo, e tirarsene fuori. Utile chiedersi il motivo per cui si è entrati nel gioco di potere del triangolo drammatico (di questo si tratta) e nello stesso tempo esplicitare eventuali difficoltà con il cliente. I rimedi, usati a dovere, ci possono aiutare enormemente nell’esercitare la nostra assertività decisa, ma anche rispettosa e trasparente e nell’assumerci la responsabilità equilibrata del ruolo che ricopriamo.
I consigli
Un’altra insidia per il Practitioner è rappresentata dall’entrare in un ruolo che non gli compete: il consigliere. Alcune personalità, come Chicory, Vervain Vine e Beech sono naturalmente inclini all’invadenza. Non è un caso che Bach li abbia raggruppati insieme a Rock Water (più ripiegato su se stesso) nel gruppo definito bonariamente “Preoccupazione eccessiva per il benessere dell’altro”. Conoscendo il proprio tallone d’Achille, per loro sarà particolarmente importante monitorarsi ed usare i rimedi per aiutare l’altro con discrezione, evitando di sopraffarlo.
Altre volte è addirittura il cliente, in crisi e bisognoso di punti di riferimento, a chiederci consigli. Anni fa feci una consulenza ad un uomo abituato a seguire guru e maestri vari, che al termine del colloquio e della scelta dei rimedi era un po’ deluso. Avrebbe desiderato suggerimenti e perle di saggezza a cui ispirarsi. Io invece avevo solo Fiori e gli proposi di lasciarli lavorare, che da lì sarebbero venute le indicazioni utili. Così fu. In poco più di un mese superò la crisi e diede una svolta definitiva alla situazione in cui era impantanato da tempo.
I nostri consigli di Practitioner sono rappresentati dai rimedi stessi che selezioniamo, con il benestare del cliente. I Fiori comunicano direttamente e intimamente con l’Anima.
Possiamo rinforzare il loro messaggio invitando la persona a soffermarsi sulla doppia polarità dei rimedi, sia nell’accezione positiva che in quella negativa. Possiamo invitarla a riflettere sulle conseguenze di un determinato comportamento e perché sarebbe vantaggioso impegnarsi nel moderarlo, collaborando attivamente con la stimolazione già svolta dal rimedio. Per qualcuno nello stato emotivo Cerato, ad esempio, significherebbe limitarsi nel consultare mille fonti, utili solo a disorientarlo ancora di più. La conoscenza da parte del cliente di ciò che sta assumendo e del perché, la consapevolezza della direzione verso cui vuole tendere (l’obiettivo) sono gli elementi cognitivi e motivazionali su cui il Practitioner può e deve fare leva.
Le proiezioni
Soprattutto quando si ha ancora poca esperienza, un errore comunissimo (ed in una certa misura comunque sempre in agguato) è attribuire al cliente i nostri stessi stati emotivi o stati emotivi che ci risultano particolarmente familiari. E’ la difficoltà di vedere l’altro nella sua individualità e peculiarità, sebbene in alcuni casi si possano condividere le stesse emozioni e tipologie di personalità. Consapevoli del rischio però sarà più facile evitarlo. Aiuterà conoscere bene e senza favoritismi tutti i rimedi, soffermandosi in particolare su quelli che sentiamo più distanti e quindi tendiamo ad usare meno. La conoscenza si nutre attraverso nuove letture, approfondimenti e ripassi costanti, confronti con l’esperienza dei colleghi. Una sperimentazione personale curiosa e priva di pregiudizi che spazi effettivamente attraverso tutti i 38 rimedi ci permetterà di sentire l’energia di ogni rimedio dall’”interno” e di riconoscerla più facilmente incontrandola negli altri. Infine, prima della selezione definitiva per il cliente, chiediamoci se, per caso, alcuni di quelli non riguardino più noi che lui.
Cristina Irrera BFRP
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